(campo base)
Fabio Olivari e Andrea Ghitti , giovani alpinisti bergamaschi hanno portato a termine una seconda spedizione alpinistica in Groenlandia, dopo quella del 2018.
Un richiamo irresistibile, visti i contenuti naturali ed umani di un viaggio così intenso.
Direttamente dalle parole di Fabio Olivari, uno dei due protagonisti, ecco un resoconto della spedizione:
Era un appuntamento quello con la Groenlandia. L’aria pura, gli immensi ghiacciai e quel freddo pungente avevano lasciato in noi un tale piacere da sentir subito la necessità di tornarci.
Così, qualche mese dopo il nostro ritorno Andrea si fece avanti: “e se tornassimo in Groenlandia?” mi chiese, “era ciò che stavo aspettando” gli risposi.
Cosa ci spinge in uno dei posti più remoti al mondo armati di zaino, tenda e tanta voglia di avventura non saprei, insomma, non potremmo andare al mare in un posto tranquillo come tutte le persone normali fanno ad agosto? La risposta sarà per sempre un mistero, probabilmente una delle due parti non ha capito qualcosa in questa vita, e, razionalmente parlando, temo che quella parte “matta” siamo noi…o forse no.
Poco importa, fatto sta che i primi giorni di agosto ci trovavamo nel fiordo di Tasermiut, nell’estremo sud della Groenlandia. Nei due giorni di viaggio passati per raggiungere la nostra meta siamo passati da tanti paesi più o meno abitati senza però fermarci. Non vedevamo l’ ora di perderci tra le pieghe del Tasermiut Fjord e delle sue montagne per ritrovare noi stessi.
Il Tasermiut Fjord è uno tra i posti più belli che abbia mai visto ed è proprio in questo fiordo che abbiamo deciso di stabilire il nostro campo base, la scelta non è stata casuale, la Groenlandia pur essendo caratterizzata da montagne geologicamente antiche (e quindi dalle forme dolci e levigate dal ghiaccio e dai venti) ha vallate molto particolari nelle quali le pareti si roccia cadono per centinaia di metri sul fiordo sottostante. È proprio ai piedi di queste montagne che ci siamo accampati, con la speranza di poter arrampicare qualche fessura.
Insieme a noi c’erano altre tre cordate, tutte accampate nei pressi di un torrente dall’acqua torbida, l’unica fonte d’acqua dolce nella zona.
Si è creato subito un bel gruppo, d’altra parte ci troviamo sulla stessa barca, persone che in città non saluteresti nemmeno diventano parte di una temporanea famiglia per la quale saresti disposto a farti in quattro pur di aiutarle. Siamo tutti li per arrampicare, per mettere alla prova noi stessi fisicamente e mentalmente, così, dopo aver preso confidenza con il posto partiamo per la nostra prima via, la Swiss Route alla Pyramid.
(Fabio Olivari a sx, Andrea Ghitti a dx in cima alla Pyramid)
Non sapevamo nulla di quella via se non che attacca a sinistra di una cresta coperta da licheni neri, partiamo così all’avventura e tra una fessura e l’altra arriviamo in cima dalla Pyramid dopo aver scalato per circa 350m. L’isolamento è totale e la vista spazia a 360 gradi sull’intera Groenlandia, un abbraccio fraterno con il mio grande amico Andrea e poi giù di corsa al campo base.
Dopo esserci riposati per un paio di giorni ci dirigiamo verso il Nalumasortoq, o più comunemente chiamato “Nalu”, una montagna con una parete fantastica, 600m di granito completamente verticali. La via che abbiamo scelto è lunga e sostenuta, purtroppo noi non abbiamo la portaledge quindi decidiamo di provarla in giornata attaccandola dopo una notte passata in un comodo bivacco ai piedi del muro.
(bivacco sotto al Nalu)
La sveglia suona all’alba ed in circa trenta minuti siamo all’attacco, partiamo entusiasti ma quando siamo a circa 1/3 di parete ci rendiamo conto che siamo troppo lenti per arrivare in vetta e scendere in giornata, abbiamo escluso anche un eventuale bivacco in parete in quanto per arrampicare leggeri abbiamo portato con noi giusto lo stretto indispensabile. Con un po’ di amarezza decidiamo quindi di calarci, la via era troppo dura per noi, torneremo più allenati e più attrezzati.
(discesa dalla Pyramid)
I restanti giorni li passiamo al fiordo, raccogliamo mirtilli, peschiamo trote artiche e cuciniamo dei buonissimi porcinelli che incredibilmente crescono ai piedi di queste enormi montagne..che giornate fantastiche.
Il ritorno alla civiltà dopo due settimane di isolamento è stato stupendo, d’altra parte è proprio grazie a queste avventure che ti accorgi del valore delle piccole cose. In men che non si dica facciamo conoscenza con degli studenti groenlandesi i quali decidono di ospitarci nella loro casa per fare una bella doccia e per dormire al caldo, concedendoci la cucina per preparare una buona carbonara.
Dopo un ottima cena e dopo aver fatto qualche partita a briscola (beh si, gli abbiamo insegnato a giocare a briscola) iniziamo a parlare del tema che sta scuotendo il mondo; il riscaldamento globale. Tutto d’un tratto il discorso si fa serio e iniziano a raccontarci di come sta cambiando la Groenlandia negli ultimi decenni, ci raccontano che le foche si stanno spostando sempre più a nord diventando così una difficile preda per i cacciatori, la calotta glaciale si sta sciogliendo a vista d’occhio, nuovi animali sono arrivati sia via terra che attraverso il mare (durante il nostro soggiorno in Qaqortoq ad esempio è stato pescato per la prima volta in Groenlandia un Salmon Shark, squalo tipico del Pacifico settentrionale), i venti sono aumentati creando problemi per la navigazione e come se non bastasse le zanzare sono aumentate a dismisura. Dei bei problemi per un popolo che vive in un territorio difficile nel quale il mare riveste un ruolo di fondamentale importanza.
Ci raccontano anche che questo popolo ha già affrontato una situazione simile nel “caldo medioevo”, un periodo di circa 500 anni che fu caratterizzato dall’innalzamento delle temperature in tutto il mondo. Le temperature raggiunte in Groenlandia in quel periodo erano addirittura più alte di quelle attuali, tant’è che sono state ritrovate ossa ci capre, pecore, mucche e maiali. Anche la vegetazione era diversa, il verde regnava nel sud della Groenlandia, è questo il motivo per il quale nel 988 d.C. il condottiero normanno Erik il Rosso decise di battezzare questa terra “Greenland” che letteralmente significa “Terra Verde”.
Dopo questa lezione impartitaci da ragazzi locali siamo costretti a salutarli per dar spazio alla nostra mente nomade la quale ci spingerà a visitare altri paesi ed a perderci, letteralmente parlando, su un enorme isola deserta dalla quale siamo riusciti a “scappare” giusto in tempo per rientrare in Italia il 25 agosto.
Fabio Olivari