IL CALCIO A MODO MIO: LA GESTIONE DELLE RISORSE

(copyright foto Bergamosportnews.com. ph Luca Limoli)

PER QUALCHE DOLLARO IN PIU’

Sabato pomeriggio 4.12.2009 sono stato invitato a Sesto San Giovanni dall’ex direttore sportivo del Monza, Gigi Abbate, ora al Legnano, per vedere la partita della sua squadra contro la locale formazione della Pro Sesto.

Conosco Gigi da anni, sin da quando arbitravo in Serie C, all’epoca lui era alla Valenzana, io al primo anno di professionismo.

Ricordo perfettamente quel freddo pomeriggio di novembre del 2001 quando incontrai per la prima volta negli spogliatoi dello stadio di Valenza questo grande personaggio.

Grande per per due motivi: il primo, il più evidente, di ordine fisico data la statura e l’imponenza, l’altro, il piu’ importante, di ordine personale, per il cuore, la serietà e l’onestà con la quale svolge il lavoro di direttore sportivo professionista.

Gigi Abbate è uno di quelli che il calcio lo vive “a modo suo”, uno di quelli che avrebbe potuto esser in serie A ma che, in serie A, non c’è mai stato perchè ha scelto di rispondere solo e sempre alla propria coscienza e di non barattare mai il proprio modo di essere per “per qualche dollaro in piu’”.

Un personaggio di elevato spessore, in tutti sensi.

Uno in grado di costruire una squadra come il Legnano (Lega Pro) con pochi denari ed essere in testa al campionato.

Una persona che vive e soffre sempre con i suoi ragazzi e che ho visto piangere dopo un gol segnato da un giovane da lui scoperto.

Ma questa è un’altra storia.

Ciò di cui voglio scrivere, anche in omaggio al percorso professionale compiuto proprio con Gigi Abbate, attiene, invece, alla pianificazione e alla gestione delle risorse che veicolano scelte aziendali nell’ambito delle società di calcio.

Purtroppo i dirigenti, seppur di lungo corso, dimenticano che le società di calcio sono enti commerciali e, come tali, debbono esser gestiti avendo ben chiaro un obiettivo inteso come espressione finale di una programmazione aziendale.

Nel calcio moderno si sottovalutano questi concetti che, se legati ad una buona strategia di marketing, possono rendere appetibile il “prodotto squadra di calcio” agli sponsor ed agli investitori che intendono trarre occasione di visibilità da questo sport e non solo di benefici fiscali.

È ovvio come, in questa ottica, la mancanza di pianificazione impedisca il flusso in società di capitali provenienti da potenziali sponsor alla ricerca di notorietà, locale o nazionale dipende dai casi, e di occasioni d’ affari.

Queste aziende, infatti, rappresentano una porzione di mercato importante che non si è ancora avvicinata al calcio poiché ritenuto potenzialmente un costo e non una possibilità buisness.

Ecco perchè ritengo che a capo della “azienda- squadra di calcio” vi debbano esser figure definite e competenti nei ruoli chiave quali quello di Direttore Generale, Direttore Sportivo, Team Manager e Responsabile del settore giovanile.

Direttore Generale, per esempio, dovrebbe esser soggetto in possesso di conoscenze giuridico- sportive ed economiche in grado di avere un controllo sull’operato dei sottoposti cui vengono delegati i compiti di gestione nei vari ambiti operativi.

Inoltre il D.G. dovrebbe esser attore primario nella strategia aziendale in grado di guidare l’agire dei collaboratori quali il Direttore Sportivo, il Team Manager ed il Responsabile del settore giovanile finalizzando il loro operato verso gli obiettivi prefissati.

Ciò per sottolineare come la fortuna di una società venga costruita da un buon team dirigenziale.

Purtroppo le competenze personali in molti casi non sempre vengono considerate ed è per questo motivo che personaggi come Gigi Abbate non hanno avuto la fortuna avrebbero meritato, sia per la preparazione personale che per l’integrità morale.

Ma se i problemi esistono nel professionismo figuriamoci cosa accade nel dilettantismo dove, nella gran parte delle situazioni, le competenze appaiono una utopia.

In molti casi, infatti, Tizio porta 10 euro di sponsorizzazione alla squadra ed allora può pretendere di esser Direttore Generale, Team Manager, Direttore Sportivo ed, in alcuni casi, allenatore o addirittura giocatore ( ho dovuto assistere anche a questo per mia sventura!!!!).

Pazzesco.

Purtroppo c’è ancora qualcuno nel mondo del pallone che preferisce, ”per qualche dollaro in piu’”, distribuire le cariche societarie in base al volume di sponsorizzazione ( con annessi e connessi…!!!) che determinati soggetti portano con loro, trascurando invece l’elemento professionale, necessario per una squadra di calcio.

A volte mi chiedo se certi Presidenti farebbero mai prendere decisioni, anche irrilevanti, per le loro aziende ai soggetti che, invece, collocano ai vertici delle società di calcio che presiedono.

Ne dubito fortemente…..

E’ poi ci si lamenta che i soldi mancano nel calcio……….

È chiaro che i professionisti ( ovvero quelli che vengono incaricati per le loro conoscenze e non per i soldi che portano), magari, non permetteranno di incassare “qualche dollaro in più” nell’immediato ma, è certo, che potranno impostare un lavoro in grado di durare nel tempo, anche per quanto concerne il reperimento delle risorse.

La società di calcio, a mio parere e secondo quanto da me appreso con gli studi e l’esperienza, dovrebbe esser in grado di vivere di vita propria e non dipendere dal singolo sponsor o singolo socio o presidente.

Ad esempio, se il Direttore Generale è incaricato perchè porta 10 euro di sponsorizzazione, alla squadra farà incassare subito 10 euro, ovviamente, ma l’apporto economico complessivo sarà e rimarrà quello.

Se invece ad esser nominato Direttore Generale è un professionista con competenze aziendali, sportive, di comunicazione e di marketing, questo sarà in grado di strutturare la società in modo da rendere la stessa un “prodotto” appetibile agli sponsor i quali si avvicineranno alla realtà sportiva anche per fare buisness e non solo avere benefici fiscali.

E’ una prospettiva differente di carattere manageriale.

In tal modo potrebbe avere inizio una crescita economica che consentirebbe la pianificazione aziendale che, nel medio termine, renderebbe la società soggetto autonomo, in grado di autofinanziarsi, affrancandosi dalle vicende economiche di singoli finanziatori.

In tal modo difficilmente potrà accadere che la società, da un giorno all’altro, si possa trovare priva di fondi.

Ma questa è una lezione facile da insegnare da parte mia ma difficile da imparare per altri legati agli schemi antichi di questo sport che come tutto si evolve.

La prova di quanto affermo è data dal fatto che ogni anno molte società non si iscrivono ai campionati o, altre, addirittura si ritirano in costanza di torneo per mancanza di soldi improvvisamente esauriti.

Concludendo, cari Presidenti, credo che non convenga consegnare la vostra società di calcio a persone che nella vostra azienda, probabilmente, non verrebbero mai assunte, il tutto e solo ……..“Per qualche dollaro in piu’” .

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