FRANCESCA LA FOTOGRAFA E I RUNNERS BERGAMO. IL PODISMO, UN COLPO DI FULMINE E UNA GRANDE FAMIGLIA

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(articolo a cura di Simone Fornoni)

Le ultime istantanee la colgono con le orecchie da Minnie alla maratona di Roma nel ruolo di pacemaker («Delle sette ore e mezza»), cioè una di quelli che danno il ritmo a principianti e non: «Eligio Lomuscio da Barletta, 77 anni, 22 edizioni su 22, è arrivato con noi. Giusto per dire che cos’è il nostro sport». Francesca Soli e le corse, una folgorazione sulla via di Damasco: «Spesso sono io a chiudere la classifica, ma non importa. Nel dicembre del 2012 pesavo quasi centoventi chili, due anni più tardi tagliai il traguardo della maratona di Reggio Emilia. La sfida con me stessa l’ho vinta». La ragazza modenese che scatta click e i Runners Bergamo, un colpo di fulmine sui nastri d’asfalto: «Alla mezza maratona di Genova incontrai Giovanni Cologni. Da lì è nato un rapporto con la Bergamo che corre, un segno del destino: i miei guai erano cominciati proprio da voi». Una storia che ha dell’incredibile per i suoi risvolti professionali intrecciati con la vicenda personale narrata in “O la corsa o la vita”, una biografia che rifugge dalle tentazioni del monologo e dà del tu al lettore lanciandogli un messaggio di rara potenza: «Sentirsi maratoneta è una medaglia al collo, ora sorrido sempre anche sul lavoro. Perché sono felice. Perché ho raddrizzato la mia vita. Perché so che i miei compagni di viaggio si alzeranno all’alba per faticare e gioire con me. È l’ambiente la vera molla».

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Francesca è figlia d’arte: i suoi genitori sono nomi storici della natìa Polivalente di Castelnuovo Rangone, a cui adesso è affiliata anche lei. Ed è stata a un passo dal firmare un contratto con il dorso bergamasco del più noto quotidiano nazionale. Dopo tre mesi in prova, il 15 marzo 2012, il benservito. E la scelta autolesionista di rifugiarsi nel cibo, tornata alla base con la coda tra le gambe. L’ha spiegato bene lei stessa, ospite all’oratorio di Urgnano di Elena Chiappini che ha fatto gli onori di casa per una foltissima schiera di runners appartenenti o meno alla nota società cittadina, anima di kermesse come la “10.000 Città dei Mille” (il prossimo 14 maggio) e la camminata artistico-culturale di fine estate in Città Alta “Millegradini” (che quest’anno si disputerà a coppie) ma anche pronta a fare proseliti tra i neofiti ogni giovedì sera alle sette al parco della Trucca con “Da Zero a Diecimila”. Un successone anche per impinguare i numeri del club, come ha spiegato dalla platea il consigliere Rosario Fratus: «Nel 2002, agli esordi, eravamo in trenta. Ora più di settecento». Tra i Runners Bergamo e Francesca la scintilla non poteva non scoccare. E non solo perché la fotogiornalista laureata in lettere, costretta a smettere con la pallavolo ancora ragazzina per la rottura del crociato, dalle nostre parti ha finito per trovare pure il fidanzato, Andrea, patito delle corse specie in quota. Ma soprattutto perché è lei ad appassionare l’universo del podismo non competitivo: «Non so più quante presentazioni del libro ho fatto, l’edizione digitale è uscita nell’aprile del 2015 e poi siamo passati dal Salone di Torino. Il bello è che Area51 Publishing mi ha contattato grazie al mio post condiviso su facebook dopo aver tagliato il traguardo della mia prima maratona il 14 dicembre 2014: da lì la proposta di buttar giù qualcosa. Le corse sono ‘social’, ma le amicizie che ci nascono sono tutt’altro che virtuali».

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Se deve raccontare com’è iniziata la favola, la Frency non si tira indietro: «Nel gennaio del 2013 intervistai Ciro Di Palma per Sportreggio.it, un on line che dirigevo. Ero stufa di caricare notizie solo di calcio e basket, che già fotografo per professione. Questo ultramaratoneta che corre per duecento chilometri perfino in Brasile e te lo dice davanti a un caffè come niente fosse mi affascinò a tal punto che mi iscrissi in palestra. Nella mia scheda personale fissai come obiettivo di correre una maratona». Detto, fatto. E messo nero su bianco su “O la corsa o la vita” nelle sue tappe di avvicinamento alla meta. Dal primo marzo 2013 della fatidica decisione fino al nastro d’arrivo della Maratona della Città del Tricolore, ventuno mesi con quaranta chili lasciati per strada per percorrere quarantaduechilometricentonovantacinquemetri in cinque ore, trentasei minuti e quarantacinque secondi. La fatica è però tantissima e a pagina sessantotto ecco il paradosso: «Odio correre. L’ho scritto ed è vero. Lo sforzo e la sofferenza sono immani. Mi infortuno abbastanza spesso, la fascite è dietro l’angolo. Ma non sei sola, questo è il punto: fai pezzi di strada con un sacco di persone che ti sostengono, ti incitano, ti parlano». E vengono ad ascoltarti a bocca aperta quando gli dici chi sei e perché l’hai fatto: «Nessuno mi ha mai detto ‘alzati e cammina’. Però ora sorrido. Continuerò a correre finché riuscirò a sorridere. Perché io ce l’ho fatta, anche se arrivo ultima».

 

Simone Fornoni

 

 

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