PROBLEMATICHE LEGALI SUI GIOVANI CALCIATORI

Sono sicuro che gli addetti ai lavori saranno già conoscenza della sentenza n. C- 325/2010 emessa dalla Corte di Giustizia Europea che ha riconosciuto il diritto all’indennizzo a favore delle società che abbiano subito la partenza di giovani giocatori verso destinazioni estere per firmare il loro primo contratto da professionista.

La pronuncia riempie un vuoto di tutela lasciato dell’ordinamento sportivo- calcistico Italiano che, non permettendo ai minori di anni 16 di sottoscrivere contratti professionistici, aveva consentito a società estere di venire in Italia e prelevare i giocatori piu’ talentuosi per portarli fuori dai confini nazionali.

Mi riferisco a noti casi di Federico Macheda, attaccate della Lazio, di Vincenzo Camilleri, difensore della Reggina, e Fabio Borini, attaccante del Bologna, che si trasferivano rispettivamente al Machester United, il primo, e al Chelsea, gli ultimi due, senza che nulla venisse riconosciuto a titolo di indennizzo alle società di appartenenza.

La decisione dei Giudici Europei giungeva a seguito di un procedimento avente ad oggetto il caso di un giocatore francese, Olivier Bernard per la cronaca, che si era appunto rifiutato di sottoscrivere contratto con la società di origine, l’Olympique Marsiglia, al termine del periodo di formazione per trasferirsi in Inghilterra e firmare con il Newcastel United il primo contratto da professionista.

Il team transalpino di conseguenza ( e giustamente) adiva la giustizia francese che, data la particolarità della materia, rimetteva la decisione alla Corte di Giustizia Europea la quale esprimeva un giudizio molto severo nei confronti della normativa che imponeva appunto il contratto “espoir”.

Ed infatti tale norma veniva giudicata contrastante con la legislazione europea in quanto restrittiva della libera “circolazione dei lavoratori” in ossequio a quanto già stabilito dalla notissima sentenza Bosman.

Sin qui poco o nulla di nuovo.

Quel che più interessa ai nostri fini e, che interessa maggiormente le società professionistiche, è il fatto che la stessa Corte di Giustizia abbia riconosciuto una indennità ai Clubs per la formazione degli atleti che vadano a giocare all’estero per concludere un contratto da professionista con società diversa da quella che lo abbia formato.

La Corte di Giustizia in un passaggio della sentenza sottolinea in merito alla quantificazione dell’indennità che bisogna “tenere conto degli oneri sopportati dalle società per la formazione tanto dei futuri giocatori professionisti quanto di quelli che non lo diventeranno” : i costi, pertanto, vanno calcolati non sul singolo giocatore ma in proporzione alle spese totali di formazione sostenute della società in generale poiché solo una minoranza dei soggetti addestrati giungerà al professionismo.

Il criterio a mio giudizio è condivisibile e costituisce un principio di massima posto a tutela dell’attività di addestramento all’interno degli enti calcistici che, in questo modo, trovano una prima fonte di tutela.

Ciò per significare che, allo stato attuale, le società italiane che dovessero subire la partenza di un loro giocatore verso società estere per la firma del primo contratto da professionista potranno richiedere un equo indennizzo per la formazione prestata al giovane atleta alla squadra straniera.

Con la suddetta pronuncia viene valorizzata e incentivata l’opera di crescita di talenti che rappresentano un “valore” per le società italiane che, allo stato attuale, non possono rischiare di veder svanire senza alcuna tutela da parte dell’ordinamento sportivo.

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